Schumacher su Netflix, la lacrima arriva, ma è un’occasione persa

Schumacher su Netflix. Guardatelo e vi scapperà una lacrima, forse anche più d’una.

Quando finalmente arriva il primo mondiale da ferrarista l’8 ottobre 2000 a Suzuka non piange solo Corinna. La lacrima arriva perché tornano in mente quei giorni, i tormenti passati per raggiungere un traguardo che mancava dal 1979 e ormai sembrava irraggiungibile…

Il docufilm voluto dalla famiglia ci racconta un po’ del Michael segreto, intimo. Del marito, del padre e dell’uomo geloso all’ossessione della sua privacy. Quello che ha raccontato Corinna ve l’ho già riportato dopo le anticipazioni di qualche giorno fa.

Anche le parole di Gina Maria e Mick trasmettono tanto amore, tanta tenerezza.

https://topspeedblog.it/rassegna-stampa-tra-corinna-leclerc-e-domenicali-brembo-e-giovinazzi/

Il film è ben fatto anche se una serie avrebbe potuto raccontare tanto altro del campione, approfondire le sue imprese, raccontare tante curiosità, retroscena, dettagli. Ci sarebbe tanto altro da aggiungere, ci sarebbe molta altra gente da ascoltare. La voce di qualche meccanico, di qualche ingegnere che hanno lavorato spalla a spalla con lui avrebbe aggiunto molto al racconto.

Sette mondiali in meno di due ore sono difficili da raccontare. Michael meritava più di un bigino ben fatto, pieno di sostanza, ma forzatamente un po’ approssimativo.

Con il materiale a disposizione, le tante interviste realizzate appositamente, si poteva davvero realizzare un prodotto a puntate che avrebbe reso ancora più onore a un pilota di cui Vettel dice «Non c’è nessuno come Michael ».

Ecco il pezzo di qualche giorno fa:

«Michael è qui, in modo differente, ma è qui e continua a farmi vedere ogni giorno quanto è forte». Le parole piene d’amore sono le prime pronunciate da Corinna, la signora Schumacher, in questiquasi 8 anni di dolore, speranza e di preghiera. Neppure quando Michael era il super campione invincibile, il re incontrastato della Formula 1 con i suoi sette titoli mondiali, sua moglie si apriva davanti a telecamere e microfoni. Le sue interviste si contano sulle dita di una mano e mai raccontavano qualcosa di intimo, di privato. Corinna e Micheal si lasciavano fotografare abbracciati, innamorati, anche mentre si lanciavano in paracadute, ma erano ossessionati dalla privacy. Tanto che dal 29 dicembre 2013 nessuno ha mai raccontato esattamente come stesse Michael. Neppure i suoi amici più cari, i pochissimi ammessi a trovarlo nella casa trasformata in ospedale, si sono mai lasciati scappare qualcosa. Una mezza frase di Todt (“Abbiamo visto il gran premio insieme”), nulla di più. Per la prima volta, nel documentario che dal 15 dicembre sarà trasmesso da Netflix, Corinna ci lascia entrare nei suoi pensieri. Diranno che lo ha fatto per denaro. Anche quello, certo. Ma preferiamo pensare che lo abbia fatto semplicemente per amore. Per farci arrivare un po’ più vicini a Micheal.

“Michael mi manca tutti i giorni, manca ai nostri figli, manca alla famiglia tutta, a suo padre, a quelli che gli vogliono bene.  Tutti sentiamo la sua mancanza, ma Michael è qui, in modo differente ma è qui. Continua a farmi vedere ogni giorno quanto è forte”, le parole raccolte da Netflix e anticipate dal Daily. Corinna racconta anche un particolare inedito di quella mattina di dicembre: “Michael mi disse che la neve non era ottimale e che avremmo potuto cambiare meta e andare a Dubai a fare skydiving”.  Da quel giorno invece la vita della famiglia Schumacher è cambiata per sempre: “Non ho mai incolpato Dio per quel che è successo. Si è trattato di sfortuna. Nella vita non si può avere più sfortuna di così”. Corinna non racconta il suo rapporto con la fede, con Dio. Ma basta una vecchia frase di Jean Todt: “Io non credo in Dio, ma da quando è successo l’incidente a Michael, ho cominciato a pregare”. 

“Non avrei mai pensato che potesse succedere qualcosa a Michael, ma continuiamo a vivere la nostra vita”. Pensava di aver sposato Superman. Si è trovata a doversi trasformare lei in super woman. A curare l’amore della sua vita, a far crescere i figli con Mick che ha voluto fare il pilota: “Ci capiamo in modo diverso ora — spiega Mick nel documentario – Ma penso spesso a quanto sarebbe bello parlare con lui di Formula 1, potremmo discutere di tante cose. Mollerei tutto solo per poter vivere questo”. Come stia davvero Michael però ancora non ce lo raccontano. “Viviamo insieme, seguiamo le cure, facciamo tutto affinché stia bene e possa migliorare. Vogliamo che senta che la famiglia è unita. È importante che continui ad assaporare la sua vita privata per come possibile. Michael ci ha sempre protetto, ora siamo noi a proteggere lui”. #KeepfightingMichael.

Da Repubblica di venerdì

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umberto zapelloni

Nel 1984 entro a il Giornale di Montanelli dove dal 1988 mi occupo essenzalmente di motori. Nel gennaio 2001 sono passato al Corriere della Sera dove poi sono diventato responsabile dello Sport e dei motori. Dal marzo 2006 all'aprile 2018 sono stato vicedirettore de La Gazzetta dello Sport

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